Commissione contro femminicidio: Porzi scrive a Puletti
Commissione regionale contro il femminicidio: la vicepresidente Donatella Porzi ha inviato una lettera alla presidente Manuela Puletti per chiedere la convocazione nell’immediato di un incontro istituzionale con tutti gli attori locali che, a vario titolo, “possono contribuire alla programmazione e allo svolgimento dell’attività della Commissione, così da fare il punto e renderli consapevoli di quanto è stato fatto fino ad oggi dalla Regione per gestire una situazione sempre più grave e raccogliere proposte e suggerimenti”.
Non avevamo bisogno del clamore di due stupri di gruppo commessi senza pietà a Palermo e a Caivano, né di quelli che a luglio, a distanza di pochi giorni, si sono verificati a Ponte San Giovanni e a Castiglione del Lago, nella nostra regione – dove quasi quotidianamente sui media passano notizie di aggressioni di vario tipo su ragazze e donne da parte di ex fidanzati e compagni -, per comprendere che tutti noi siamo chiamati ad accelerare per dare risposte immediate.
Colpiscono amaramente l’aumento delle violenze ad opera del branco, spesso durante momenti che dovrebbero essere di divertimento, e il fatto che sempre più spesso le persone coinvolte, sia i carnefici sia le vittime, siano giovani e giovanissimi, adolescenti e bambini, a significare che si sta abbassando l’età di chi commette violenza contro le donne. Tra giugno 2022 e luglio 2023 le tre Procure umbre hanno chiesto ed ottenuto 487 misure cautelari, più di una al giorno, nei confronti di compagni e mariti che picchiano, minacciano e perseguitano donne costrette a vivere nella violenza fisica e verbale. Sono certa che nella nostra regione non esistono sacche di disagio e povertà educativa in cui si radica una pervasiva cultura dello stupro e della violenza sulle donne, ma non è solo questione di fattori di rischio se, come vediamo da tante denunce, questi episodi avvengono anche in contesti molto benestanti.
Cara presidente, occorre avere consapevolezza, la politica tutta, di quanto ogni ritardo sia grave ed inaccettabile e di quanto la nostra Commissione possa incidere sul fenomeno. Ad esempio, cogliendo positivamente il fatto che se sempre più episodi vengono a galla, forse è perché sempre più persone trovano il coraggio di denunciare. Un tavolo interistituzionale va nella direzione di favorire questa emersione, creando una sinergia reale e completa fra tutti gli attori coinvolti che, come abbiamo ripetuto più volte, appartenendo a mondi diversi spesso hanno difficoltà a dialogare tra loro. Dobbiamo parlarci e condividere anche una serie di codici volti a cogliere segnali e campanelli di allarme, spesso semplici atteggiamenti del corpo, per intercettare quello che per vergogna o per paura di essere stigmatizzati o colpevolizzati non viene detto. Dobbiamo agire sulla formazione e sulla preparazione di tutti gli operatori della filiera, comprese le forze di polizia e i giudici, per far sì che chi ha seguito pressioni o violenze abbia il coraggio di aprirsi e trovare conforto rivolgendosi alle famiglie, agli insegnanti, agli educatori, ai catechisti, ai centri antiviolenza, agli ospedali e a tutti coloro che incontrano nella loro vita. D’altra parte questa lente di ingrandimento volta a cogliere qualsiasi tipo di atteggiamento rappresenta anche un deterrente per coloro che commettono reati di violenza, consapevoli almeno di essere sotto osservazione. Anche loro, lo sappiamo bene, hanno bisogno di azioni educative e rieducative, fermo restando che la priorità tra le priorità resta sempre quella di occuparci delle vittime. Insieme alla prevenzione, che resta sempre lo strumento principale sul quale dobbiamo interrogarci per insegnare ai giovani empatia e rispetto, investendo poi su tutte le agenzie educative, non solo sulla scuola, perché questa da sola non può farcela.