Tanti eugubini in cima a Col di Lana, rinnovato gemellaggio “ceraiolo”
Erano un centinaio anche quest’anno, sui 2.500 metri del Col di Lana: una nutrita delegazione eugubina ha partecipato alla suggestiva cerimonia che si ripete la prima domenica di agosto, nel cratere che porta ancora oggi i segni della mina che l’esercito italiano fece saltare durante la Grande Guerra per prendere possesso di una delle vette più strategiche dello scacchiere dolomitico. Anche una delle più cruente, essendo morti in questa valle oltre 5.000 soldati italiani e austriaci. E’ la pace la grande protagonista della santa messa, officiata dal tenente colonnello degli Alpini, don Lorenzo Cottali, affiancato dai sacerdoti eugubini don Armando Minelli e don Marco Cardoni. Presenti delegazioni degli alpini e dell’esercito austriaco per rinnovare un messaggio di pace e fratellanza, oggi ancora più sentito e necessario. Uno scenario spettacolare quello che circonda questa santa messa, con le vette più celebri a fare da cornice, dalla Marmolada, al monte Civetta, dal Falzarego al Sief, fino al gruppo Sella. Luoghi famosi oggi soprattutto ad escursionisti e sciatori ma che 100 anni fa videro scorrere molto sangue. E in quello scenario apocalittico, si ricorda ancora oggi la pagina storica della Festa dei Ceri celebrata dai soldati eugubini a Pian de Salesei, testimoniata da 4 fotografie, luogo dove oggi sorge il Sacrario e dove dal 2017, nell’anno del centenario, alla presenza di oltre 2.000 eugubini, vennero collocate tre copie dei Ceri realizzati nell’occasione in una delle pagine di più sana follia della storia ceraiola. Dal 2014 Gubbio e Livinallongo sono unite da un gemellaggio molto significativo suggellato quest’anno da un applaudito concerto della Banda comunale di Gubbio, diretta dal maestro Angeloni, insieme alla Banda musicale Fodom alla sala congressi di Arabba. Dove hanno portato i loro saluti, per i due comuni, il sindaco locale Leandro Grones e l’assessore eugubino Marco Morelli, e per l’associazione Eugubini nel mondo, Mauro Pierotti. Domenica poi l’aspra ascesa di oltre 3 ore al Col di Lana, tra le pochissime cime non servite da alcun impianto di risalita: un monte sacro, per la memoria che conserva, e per un rito semplice ma profondo che, causa Covid e maltempo, mancava dal 2019.